Aramengo e le big bench

Non bisogna mai andare "a ramengo"… Ma ad Aramengo sì!

Se passate dal Piemonte, ma in realtà anche in Lombardia, è frequente ascoltare l’espressione “andare a ramengo”, che significa andare in rovina, in bancarotta. Si tratta di un modo di dire molto antico, nato ad Asti e poi diffuso in tutto il Paese con l’Unità d’Italia.

Fra il VI e il IX secolo, la cittadina piemontese di Asti era la capitale di un ducato di origine longobarda e in quel periodo i condannati per reati patrimoniali – e in particolare i fallimenti – venivano confinati nel comune più periferico del ducato, appunto Aramengo.

Pare il nome Aramengo derivi proprio dal ruolo che era stato attribuito al piccolo comune: il latino andare ad ramingum, cioè allontanarsi, si trasformò nel maccheronico (un linguaggio artificiale misto di latino e dialetti locali “maneggiato” da persone incolte) aramengo, luogo destinato a chi veniva allontanato dalla città.

Con l’integrazione della città di Asti nel Ducato di Savoia, andare Aramengo (o a ramengo), divenne espressione idiomatica popolare in tutto il Piemonte e da lì si propagò all’intera Penisola.

Ciononostante, il comune di Aramengo merita una visita per la sua spettacolare posizione sulle le colline fra la provincia di Asti e quella di Torino. Proprio per la bellezza del paesaggio, ricco di vigneti e campi di grano, e l’accessibilità al pubblico.

Il comune di Aramengo ha potuto dotarsi di una bellissima panchina gigante e aderire al programma BIG BENCH COMMUNITY PROJECT (BBCP) dell’artista americano Chris Bangle.

Il progetto prevede, solo grazie a sponsor privati e su disegni e indicazioni - ad esempio l’attribuzione del pantone cromatico – fornite direttamente dall’artista, l’edificazione di queste enormi installazioni per valorizzare contesti di grande bellezza, ma al di fuori dai percorsi più convenzionali.

Il rapporto fra Aramengo e l’arte, comunque, ha radici sorprendentemente profonde. Non lontano da Aramengo, infatti, sorge le magnifica abbazia romanica di Vezzolano che, secondo la tradizione, sarebbe stata fondata addirittura da Carlo Magno e che è considerata fra i più importanti monumenti medievali del Piemonte.

Proprio ad Aramengo, invece, fin dagli anni Cinquanta, ha sede la Nicola Restauri, che oggi è una delle più importanti aziende nel campo del restauro di opere d’arte. L’azienda, con un laboratorio visitabile di oltre 3500 metri quadrati di superficie, rappresenta una vera eccellenza artigianale del Piemonte e ha ricevuto importanti onorificenze. E poi c’è il presepe di Anna Rosa Nicola, che oltre a svolgere con grande passione il suo lavoro all’interno dell’azienda di famiglia, sta realizzando un’opera d’arte senza tempo e in continua espansione.

Aramengo significa, inoltre, cordialità e grandi vini: dagli anni Trenta la famiglia Rocca, a cui piace – come dice il gentilissimo vignaiolo Gabriele – “il profumo del mosto e avere le mani sporche di terra”, produce Barbera, Nebbiolo, Bonarda, Dolcetto e un meraviglioso Moscato d’Asti. Le Cantine Rocca sono sempre disponibili ad accogliere i visitatori interessati a esplorare i loro vigneti e degustare i loro prodotti.

Ad Aramengo, infine, si può pernottare godendo della gentile ospitalità del B&B San Rocco o della Corte del Barbio che, all’occasione, si trasforma in meravigliosa location per eventi. E per un buon pranzo o una deliziosa cena piemontese basta fare un salto nella località di Marmorito: alla Trattoria dei Cacciatori le sorelle Vallarolo vi sorprenderanno con ottimi dolci e vi racconteranno la storia della Big Bench di Aramengo.

Siete pronti a venire ad Aramengo con noi?


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