a woman eating ice-cream on the left, man and a woman near the ice cream parlor on the right

La rivoluzione del gelato a Torino fra coni e Pinguini

L’estate è la stagione perfetta per gustare un gelato sotto i portici di Torino, che si estendono per 18 chilometri e conferiscono alla città un fascino discreto e un’eleganza senza tempo. Assaporare un gelato a Torino va ben oltre il gusto: è un vero e proprio rituale, un’esperienza sensoriale ricca di storia e tradizione.

La tradizione torinese del gelato è strettamente legata ai Caffè Storici della città, che hanno svolto un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità sociale e culturale di Torino. Fu proprio il Caffè Fiorio a introdurre in Italia, negli anni ’30, il gelato su cono così come lo conosciamo oggi. Da quel momento in poi, le persone iniziarono a passeggiare mentre lo gustavano. Fino ad allora, infatti, il gelato si mangiava solo da seduti, con il cucchiaino, all’interno di quelle che venivano chiamate cremerie.

Questa novità fu al tempo stesso un piccolo scandalo e un grande successo: Torino era la sede della Corte Reale e le consuetudini sociali erano dettate da rituali comportamentali piuttosto rigidi. Vedere dame raffinate camminare per strada leccando un gelato era considerato audace, quasi volgare, sicuramente fuori da ogni galateo. Al di là del giudizio morale, c’era anche un rischio pratico: il gelato si scioglieva in fretta, rischiando di macchiare gli abiti eleganti delle signore.

Proprio per rendere più composta l’esperienza del gelato da passeggio, la Gelateria Pepino — fondata nel 1884 dal napoletano Domenico Pepino approdato a Torino in cerca di fortuna e diventata, nel tempo, fornitore ufficiale di Casa Savoia e, quindi, simbolo di eleganza e tradizione — portò un’ulteriore innovazione nella produzione artigianale. Il gelato fu montato su uno stecco e venne ricoperto di cioccolato in modo da sciogliersi più lentamente.

Nacque così, nel 1938, il Pinguino, il primo gelato su stecco ricoperto di cioccolato al mondo. L’invenzione fu brevettata e si diffuse rapidamente in città e poi nel mondo. L’unione tra gelato e cioccolato fu resa possibile grazie all’intraprendenza della famiglia Cavagnino-Feletti, che acquistò la gelateria quando Domenico Pepino decise di ritirarsi e tornare a Napoli. La Famiglia Cavagnino, che ancora oggi è proprietaria della Gelateria Pepino - unico caso tra i Caffè Storici della città - era infatti anche proprietaria della storica fabbrica di cioccolato Feletti.

Da semplice soluzione funzionale, quindi, il Pinguino si impose come un nuovo modo di vivere il gelato. Possiamo considerarlo un dolce quasi rivoluzionario, in quanto trasformò il rito del gelato in qualcosa di più leggero, libero e deliziosamente moderno.

Benché inizialmente il “gelato da passeggio”, quello cioè da gustare camminando, fosse piuttosto costoso, rimaneva tuttavia più accessibile rispetto al tradizionale consumo seduti in cremeria. Con il tempo, questa modalità divenne sempre più comune, e il gelato su stecco si trasformò in un grande classico.

Fra l’altro, il simpatico nome di Pinguino si pensa che derivi proprio dai colori del gelato: il bianco della crema, come la pancia di un pinguino, avvolto nel marrone del cioccolato. Riuscite anche voi a vedere la somiglianza?

Scherzi a parte, tutti sappiamo quanto il gelato sia importante nella cultura italiana. Più che un semplice dessert, rappresenta un autentico stile di vita. È nella semplicità di un gelato che l’Italia rivela la sua arte di celebrare il presente, nel perfetto stile di una vita piena di gusto e bellezza.

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Foto: Alessandro Vargiu

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