Perché a Torino (e non solo) le arance si chiamano anche portogalli?

Passeggiando per i mercati torinesi non è insolito vedere la scritta “portogalli” sulle bancarelle di arance. Anche il dolce a forma di arancia, inventato dalla storica panetteria Fratelli Zoppo nel 2006 in onore della celebre battaglia delle arance che si svolge durante il Carnevale di Ivrea, si chiama El Pörtugal.

Come sempre l’etimologia delle parole ci permette di ricostruire gli incontri fra popoli diversi e i loro scambi commerciali.

Anche se già gli antichi Romani coltivavano in Sicilia le arance, chiamandole mele dorate (mala aurea), pare che il loro consumo si sia diffuso in Europa solo nel XVI secolo, grazie ai rapporti commerciali che il Portogallo intratteneva con l’Asia in virtù del trattato di Tordesillas, che consentiva a questo Paese il commercio con tutto l’emisfero a est del meridiano di La Raya.

Sembra, infatti, che dall’arabo derivino le parole arancia e Portogallo. In questa lingua, infatti, esistono due parole per indicare le due diverse varietà dell’arancia: nāranj indica l’arancia amara, mentre burtuqāl l’arancia dolce.

Non è improbabile che l’antica coltura romana delle arance in Sicilia si sia spenta in quanto si trattava della meno appetibile varietà amara e che sia stata recuperata, con il nome di nāranj, durante la dominazione araba per il suo effetto decorativo. Mentre grazie al commercio portoghese si diffuse il consumo delle deliziose arance dolci, chiamate appunto portogalli dal nome di chi le importò per la prima volta.

Fra l’altro in arabo il Portogallo si chiama Burtuġāl, probabilmente perché era il luogo dove le arance dolci venivano raccolte.

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