L’Halloween italiano fra zucche e crisantemi

La festa americana di Halloween sembra aver ormai sostituito le ricorrenze cristiane di Ognissanti e del Giorno dei Morti e che le zucche sagomate abbiano preso il posto dei crisantemi, ma non è del tutto così. In realtà anche in Italia, già in passato, si utilizzavano le zucche intagliate con funzione apotropaica.

Ma procediamo per gradi e scopriamo insieme alcune delle più interessanti tradizioni autunnali del nostro Paese.

La tradizione italiana

La festa di Ognissanti cade il 1°novembre e celebra la gloria e l’onore di tutti i Santi, anche quelli non canonizzati; mentre il Giorno dei Morti si svolge il 2 novembre ed è dedicato al ricordo dei propri defunti e alla preghiera affinché le loro anime raggiungano presto il Paradiso.

Anticamente la festa di Ognissanti si svolgeva il 13 maggio per ricordare l’anniversario della trasformazione del Pantheon nella chiesa dedicata alle Vergini e a tutti i martiri. L’idea di spostarla al 1° novembre fu di Papa Gregorio III, che prese come riferimento la data della consacrazione della cappella di San Pietro alle reliquie dei Santi Apostoli e di tutti i Santi, martiri e confessori. La celebrazione novembrina di questa festività aveva l’intento di farla coincidere, nel tentativo di cristianizzarlo, con il Capodanno celtico.

Nella cultura celtica, infatti, l’anno era suddiviso in due periodi: quello della rinascita della natura (Beltane) e quella del suo letargo (Samhain). I giorni di inizio dei due periodi venivano festeggiati in segno di buon auspicio e speranza

Il primo giorno di festa, quello della rinascita, ricadeva nel mese di maggio mentre il secondo, quello della morte e della quiete, era a metà autunno. Fra l’altro, anche gli antichi Romani festeggiavano una ricorrenza molto simile al Samhain per salutare la fine del periodo agricolo produttivo: si chiamava Pomona in onore della dea dei frutti e dei giardini e durante questa celebrazione si ringraziava la terra per i doni ricevuti e si offrivano alla divinità frutti per propiziarne la fertilità futura.

Con la conquista della Gallia le due feste pagane si unirono e si iniziò a celebrarle tra fine ottobre e i primi giorni di novembre. Con l’affermazione del cristianesimo alle ritualità pagane si aggiunse un significato spirituale e religioso e la celebrazione della quiete della natura divenne anche un modo per commemorare il mondo dell’Aldilà. Per evitare i malumori di popolazioni ancora fortemente legate ad antiche tradizioni, tuttavia, si decise di non sovrapporre le due ricorrenze, ma di affiancarle: ancora oggi il giorno di Ognissanti cade il primo novembre, mentre il 2 novembre è il giorno dedicato alla commemorazione dei morti.

L’idea di dedicare un giorno alla preghiera per le anime dei defunti risale al IX secolo e viene attribuita all’abate benedettino sant’Odilone di Cluny.  Si narra che costui, molto devoto delle anime del Purgatorio, fosse rimasto impressionato dal racconto di un’eremita che aveva dichiarato di aver spesso udito i lamenti delle anime purganti accompagnate alle imprecazioni dei demoni che maledicevano l’abate. A tali parole Odilone aveva ordinato a tutti i monaci del suo ordine di fissare il 2 novembre come solennità per la commemorazione dei defunti e da quel momento la tradizione è rimasta invariata.

Ancora oggi in Europa, e soprattutto in Italia, è comune preparare dolci speciali che nel nome (ossa dei morti, fave dei morti, cavalli dei morti, pan dei morti, o’ morticello) o nella forma e consistenza di un osso, ricordano il Giorno dei Morti. In alcune regioni italiane, addirittura, si usa ancora porre questi dolci su tavole imbandite con la credenza che verranno frequentate dai propri defunti.

La Festa dei Morti e la nascita del Crisantemo

Durante la Festa dei Morti tradizionalmente si visitano i cimiteri deponendo mazzi di fiori, soprattutto crisantemi, sulle tombe. La scelta di impiegare i crisantemi sicuramente deriva, oltra che dalla loro bellezza, dalla loro grande disponibilità in questo periodo dell’anno e dal fatto che un tempo non fossero costosi quanto oggi.

Una leggenda diffusa un po’ in tutta Italia racconta la nascita del crisantemo e ne spiega il significato simbolico di speranza. Si narra di un bambino che, già orfano di padre, si ritrova a supplicare l’angelo della morte affinché non gli porti via anche la madre gravemente malata. L’angelo impietosito gli promette di donare alla donna tanti anni di vita quanti petali di fiore riuscirà a portagli. Ma durante quel gelido autunno il bambino non riesce a trovare altro che alcune margherite molto spoglie e, disperato, decide di dividerne ogni petalo in tante parti. L'angelo, intenerito dal gesto, decide di concedere alla madre tanti decenni di vita e di far spuntare in tutti i campi questo nuovo fiore ricco, appunto, di tanti petali.

La zucca nella tradizione e nella lingua italiana

Come dicevamo in apertura, benché la tradizione di collocare zucche dall’aspetto terrifico dietro porte e finestre alla vigilia di Ognissanti sembri tradizione prettamente americana, esistono numerosi esempi di questa usanza anche in Italia. In Toscana, per esempio, fino a pochi decenni fa, esisteva il gioco dello zozzo o morte secca. Durante il periodo estivo, i contadini svuotavano una zucca, la intagliavano creandone una faccia, vi inserivano una candela all'interno e la sistemavano fuori casa dopo il tramonto per spaventare i passanti. Ancora oggi in alcune zone della Sardegna esiste la festa di Sant'Andrea: la notte del 30 novembre, gli adulti percorrono le strade armati di graticole, coltelli e scuri, cercando di spaventare i ragazzi e i bambini che gironzolano con spaventose zucche intagliate a forma di teschio, illuminate all'interno da candele.

Sia come sia, è interessante che la zucca venga spesso assimilata spesso ad una testa. Come tale nella lingua italiana la zucca è protagonista di alcuni modi di dire. Si dice, per esempio, prendere una zuccata quando si batte la testa; mentre essere una zucca vuota, non avere sale in zucca e essere uno zuccone significano essere poco intelligenti.

Pare che il collegamento della zucca vuota alla stupidità risalga all’antica abitudine dei contadini di svuotare ed essiccare le zucche per usarle come recipienti per trasportare e nascondere il sale. Un tempo il sale, infatti, era molto prezioso perché serviva ad insaporire le pietanze e conservare gli alimenti. Gli antichi Romani lo usavano addirittura come moneta (da cui deriva il salario per definire i soldi che si ricevono come pagamento del proprio lavoro) e lo nascondevano dentro grandi zucche svuotate per custodirlo. Di conseguenza chi non era capace di mantenere una zucca piena veniva considerato incauto e, quindi, poco intelligente. Da lì un facile accostamento della zucca alla forma della testa e l’idea che una testa vuota (senza sale) sia poco intelligente. Sempre dall’abbinamento testa/zucca derivano le espressioni essere una zucca dura per indicare una persona testarda e andare fuori di zucca per dire che qualcuno impazzendo.

Questo articolo ha ispirato anche un episodio del podcast ITALIANO ON-AIR. Ascoltalo per praticare il tuo italiano e imparare nuovi termini e vocaboli!

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